giovedì 22 ottobre 2009

Un po di storia della scuola materna


Nel primo dopoguerra, sessant’anni fa, il centro di San Giuseppe era costituito da poche case, dalla scuola elementare e dalla chiesa: tutto intorno erano campi coltivati, vigneti, orti, pioppi e rovi. Con la riforma agraria degli anni ‘50, dopo che furono bonificate le “Valli Basse’ vennero distribuite le terre ai contadini e sui nuovi poderi si costruirono molte case coloniche; di conseguenza aumentò la popolazione ed aumentò anche l’attività lavorativa delle donne nei campi, molte delle quali si trovarono in difficoltà per la custodia dei figli piccoli, che allora erano numerosi.
Era quindi necessario avere in paese una scuola materna, o, come si diceva allora (e si dice tuttora) un asilo.
L’iniziativa partì dalla Conferenza Maschile S. Vincenzo De’Paoli, il cui compito era quello di aiutare la famiglie più povere e bisognose, ed i cui componenti, ci piace ricordarlo, erano Attilio Pagliato (presidente), Mario Samaritani “al Miaròl” Marco Frasson, Scammacca Vito (cognato del dottor Ventimiglia), Athos e Tonino Mattiello, Giovanni Barboni, Fernando Cazzanti “Spadina”e Francesco Felletti Virgili “al sgnor Checc”, che era il più colto, parlava bene l’italiano e che era l’unico in grado di presentarsi nei vari uffici ed alle autorità del tempo per perorare la causa della scuola materna. Valsero molto anche la tenacia e la caparbietà di Pagliato, che aveva studiato in seminario ed aveva la “faccia buona”: un aspetto che dava fiducia e credibilità. Egli aveva una vecchia auto 1100, che gli permetteva di spostarsi rapidamente a Comacchio od a Ferrara, per conferire con le varie autorità e per seguire più da vicino l’iter della pratica amministrativa da far avanzare. Dalla curia di Comacchio, in assenza del vescovo che era stato da poco trasferito, venne un deciso incoraggiamento a Pagliato per proseguire con il progetto della scuola.
I soci della Conferenza decisero allora di costruire il nuovo asilo vicino alla chiesa: i signori Patrignani donarono il terreno, contribuirono con una somma in denaro e fecero preparare i disegni del progetto: due aule con cucina al piano terra e due stanze per le suore al primo piano.
Per trovare i soldi necessari si allestirono lotterie, tombole, piccole feste, si fecero sottoscrizioni fra la popolazione e si chiesero prestiti alle banche. La vecchia fornace di Volano, chiusa da poco, offrì tutto il materiale rimasto e per iniziativa di Mario Samaritani si riuscì ad aprire un cantiere per dare inizio ai lavori, i quali però furono interrotti quando si giunse al primo piano perché i soldi erano finiti, per la disperazione di Attilio Pagliato, che ricominciò a viaggiare in lungo ed in largo per la provincia di Ferrara in cerca di una soluzione. Il nuovo vescovo di Comacchio, mons. Natale Mosconi, che i non più giovani ricordano persona attiva ed energica, riuscì ad ottenere l’intervento dell’Ente Delta Padano, il quale non solo portò a termine il progetto, ma v[ aggiunse a cappella ed una cucina più dignitose e meglio attrezzata. Quando la costruzione fu terminata, mancavano l’arredamento e le stoviglie. Di queste ultime si fece carico tutto il paese, spronato dalle signorine Wanda Bonazza e Capuzzi, le quali andavano in bicicletta di casa in casa per procurare piatti, bicchieri, pentole, tovaglie ed una cucina economica. L’arredamento delle aule fu offerto dai signori Ermete e Mariano Mazzotti in memoria dei loro genitori, e lo fecero costruire dal falegname Sante Manegatti con suo figlio Franco. I mobili per l’appartamento delle suore furono acquistati con le offerte della popolazione.
Per la gestione della nuova scuola materna il vescovo Mosconi si rivolse al convento delle suore belghe Nostra Signora di Namur di Roma, dal quale giunsero a San Giuseppe quattro religiose: suor Matilde, la superiora; suor Teresa, la cuoca; suor Rita e suor Agnese, le insegnanti. Esse giunsero qui silenziosamente, non ebbero una grande accoglienza, e subito si misero all’opera.
Suor Matilde aveva grandi capacità intellettive, ma un carattere forte ed autoritario per cui venne soprannominata Garoppo, dal nome del tenente dei carabinieri di Comacchio, che era il terrore dei comunisti.
Per il mantenimento dell’asilo e delle suore erano molte le persone che offrivano generi alimentari: Frasson, ogni mattina, portava latte appena munto, uova ed ortaggi; la maestra Zambotti ogni domenica portava un bel vassoio di tagliatelle fatte in casa e nelle grandi festività cappelletti e ravioli; i signori Mazzotti, che possedevano vasti poderi in valle Isola, facevano spesso offerte in denaro; il dottor Silvio Sirotti, allora proprietario del podere Santa Maria, garantì ogni anno la consegna di venti quintali di frumento, che consegnava in deposito al mulino di Bellotti. Alla scuola materna tutto procedeva bene: le insegnanti di buon mattino erano pronte ad accogliere i bambini. Suor Teresa in cucina preparava il pranzo per i bambini piccoli ed anche per quelli della scuola elementare che al pomeriggio si recavano all’asilo per il doposcuola. Erano molto attive queste suore: insegnavano religione anche nelle scuole elementari, preparavano i bambini per la prima comunione, ed al sabato pomeriggio, in bicicletta, nonostante le strade sabbiose e fangose, si recavano a Borgo Manara per fare il catechismo ai bambini del Borgo e di Valli Basse.
Durante il mese di maggio suor Elisabetta (arrivata in sostituzione di suor Rita) ogni sera andava ai “Manara” per recitare il Rosario assieme agli abitanti. L’asilo della Fontana fu il primo nella zona ad allestire nei mesi estivi la colonia marina. Sulla spiaggia avevano costruito delle capanne con delle stuoie di canna (grisole); a mezzogiorno si pranzava all’ombra delle capanne; le vivande le trasportavano in bicicletta dentro a delle Iattarole (recipienti per il latte).
Con lo sviluppo del turismo nei lidi i bambini aumentarono notevolmente ed il Comune di Comacchio dovette intervenire per ampliare l’edificio con una nuova aula. Anche le esigenze della scuola aumentarono, e suor Elisabetta diede l’esame di guida, ottenne la patente e con l’aiuto della chiesa e dei parrocchiani fu acquistata un’auto Belvedere, adatta al trasporto di persone e di merce. Le suore periodicamente sono soggette a trasferimento di sede; e così, dopo un vario alternarsi di esse nella nostra scuola alcuni anni or sono le sorelle del convento “Nostra Signora di Namur” dovettero ritornare alla casa madre, a Roma. La scuola rimase chiusa per alcuni mesi e quell’anno non si fece la colonia marina. In seguito alle numerose richieste della popolazione, all’interessamento del vescovo, del direttore didattico e del sindaco, furono mandate a San Giuseppe due suore dell’ordine di San Francesco di Sales che facevano parte della comunità di Comacchio, le quali per un bel po’ di tempo non abitarono qui, ma andavano ogni giorno avanti e indietro dal capoluogo, con evidente disagio sia di esse stesse che dalla scuola.
Di recente, come tutti sanno, l’edificio è stato ristrutturato ed ampliato, le suore vi hanno preso dimora stabile, le sezioni della scuola da due che erano sono poi diventate tre, ed attualmente quattro. Nelle sezioni, oltre alle suore, lavorano anche insegnanti laiche.

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